giovedì 17 gennaio 2008

100km del sahara 2004


Io e la 100 km. del Sahara
18/03/2004
Tutto ebbe inizio un anno fa, con la voglia di fare una nuova esperienza, e di farla ad un buon livello (per un amatore, si intende). Dovetti però far fronte ad una lunga serie di malanni fisici: una forte pubalgia, problemi di schiena, a metà settembre un intervento chirurgico per ernia inguinale, a metà ottobre un’infiammazione al ginocchio. Ripresi a correre con regolarità il 16 novembre 2003, esattamente 3 mesi e mezzo prima della “100 km”. Non ho molto tempo, ma ci provo ugualmente. Quando mancano circa 10 giorni alla corsa ho di nuovo problemi alla zona in cui sono stato operato con ripercussioni sulla schiena. Non intendo certo arrendermi e tirarmi indietro, e mi sottopongo a cure intense; e finalmente arriva il giorno della partenza per il deserto. Il 10 di Marzo compiamo il viaggio in aereo; Bologna-Roma, poi Roma-Djerba, in Tunisia, dove pernottiamo in albergo. Il giorno 11 Marzo ci attende un viaggio di due ore e mezzo in pullman per raggiungere un antico paesino dove avviene la presentazione ufficiale della gara, si pranza ed, infine, ci sistemiamo nel nostro primo, vero campo nel deserto, da dove partirà la prima tappa: ragazzi, ora ci siamo e la felicità va a mille. Il nostro è un vero accampamento tunisino con tende berbere, aperte e rudimentali. Ogni tenda può ospitare 6 persone; io ed il mio amico Matteo Panini, con cui sono partito da Modena, dividiamo la tenda con due simpatici ragazzi veneti e due simpaticissime ragazze di Bologna, Elisa e Bebe. Abbiamo subito fatto amicizia, e stabilito una complicità da compagni di squadra e di avventura, ognuno di noi sa di poter contare sull’altro. Il pomeriggio trascorre con la consegna dei numeri, la foto con il pettorale per Internet ed il controllo dello zaino con le cose che è obbligatorio avere con se’. La sera ci attende una buonissima cena, e lo spettacolo di danze popolari intorno al fuoco. Andiamo a dormire nei nostri sacchi a pelo, gomito a gomito, la notte ci sono 6 / 8 gradi. Per le nostre necessità igieniche abbiamo poca acqua fredda che esce dai piccoli tubi collegati ad una cisterna. In compenso, per i bisogni corporali, i bagni sono giganteschi perché… tutti i cespugli ed i massi intorno sono a nostra disposizione. Il giorno seguente, il 12 marzo, nel campo c’è molta frenesia; si fa colazione, si vedono facce allegre e facce preoccupate, tutti dicono di voler fare con calma, puntando solo a terminare la corsa. Alle ore 9 partono i 12 camminatori con i dromedari al seguito: sono i nostri apripista, e rivolgiamo loro un applauso. Alle ore 10 siamo tutti sulla linea di partenza, facciamo la foto di rito, in prima fila ci sono anche Alessandro Lambruschini e Riccardo Fogli (che risulteranno persone simpatiche ed alla mano, disposte a scherzare e ad attenersi alle condizioni particolari del campo). Si parte, finalmente: il gruppo di testa, di circa 30 / 40 persone, va a schioppettata, si accende la competizione, scordando i buoni propositi di poco prima circa il voler fare la corsa con calma. La prima tappa è forse la più dura, con continui saliscendi e 3 duri strappi in salita, in cima ad uno dei quali si erge un antico paesino. Questa tappa non è molto adatta alle mie caratteristiche, però mi sento bene, riesco a limitare i danni e termino, arrivando 20°, non male. Il giorno successivo, il 13 marzo, ci si sveglia presto (io poi non ho dormito). Dopo colazione si prepara il bagaglio da consegnare ai trasportatori che allestiranno il campo successivo. Si parte alle ore 10,30 per la seconda tappa, mi sento benissimo sotto ogni aspetto. Vado molto bene, il percorso presenta saliscendi continui ma leggeri, lingue di sabbia dove scivolo e cado; la tappa è abbastanza veloce e mi piazzo 14°, 16° nella classifica generale provvisoria. La sera dello stesso giorno ci attende la terza tappa, notturna, di km.10, per velocisti o coraggiosi. Il cielo stellato, meraviglioso, crea una stupenda atmosfera. Lungo il percorso sono state poste delle torce, che però il forte vento poco a poco spegne. In questa tappa partono due persone ogni minuto, iniziando dal fondo della classifica . Quand’è il mio turno e parto le torce sono tutte spente; la piccola lampada che ho sulla testa mi illumina il percorso, sconnesso, pieno di buche, cespugli e sassi. Termino arrivando 17°, piazzandomi 15° nella classifica generale, ad un minuto dal 10°. Cena notturna, poi subito a dormire. Ci aspettano 35 km da percorrere, la tappa a me più favorevole. I miei amici concorrenti pare comincino a temermi, e dicono che nella nuova tappa li potrò superare; speriamo abbiano ragione… Il giorno successivo, dunque, ci attende la tappa di 35 km. La penultima; la partenza è a scaglioni; ore 9,30 gli ultimi 40, ore 10,30 i 30 centrali; noi fra i primi 30 partiamo alle 11,30, sotto un bel sole, dopo un’attesa ansiosa. Dopo i primissimi chilometri sono insieme ai primi 10, con gran gioia; però al 5° km. ca. inizio a sentire forti dolori all’inguine, nel punto dell’intervento chirurgico, dolori che si ripercuotono nella schiena. Stringo i denti e cerco di non rallentare. Verso il 12° km. ca. dolori osno ormai insopportabili, resisto altri 3 km., poi al ristoro del 15° km. decido a malincuore di fermarmi: non potevo fare altri 20 km. in quelle condizioni. Rabbia ed amarezza mi invadono: avrei potuto fare una bellissima corsa! Naturalmente il mio ritiro dalla tappa costa caro: mi danno il tempo dell’ultimo arrivato, più di 30 minuti di penalità! Posso dire addio alla lotta per un buon piazzamento, trascorro il resto della giornata a chiedermi se l’indomani potrò correre l’ultima tappa. Il 15 Marzo quindi è la tappa finale, quella in cui percorriamo il deserto sabbioso, affrontando le dune. Voglio terminare quest’avventura nonostante i dolori alla schiena; mi aggrego alla prima donna e percorro la tappa con lei. Il tempo vola, concentrati come si è sul percorso, con pochi punti di riferimento; i dolori non mi fanno nemmeno accorgere della fatica; arrivo al traguardo 22°, nonostante tutto. Questo sarà il mio ultimo sforzo: da quel momento in poi non riuscirò più a correre che per pochi metri, per parecchio tempo. Alla fine della gara ci troviamo in un’oasi con uno splendido laghetto di acqua calda, da cui non si vorrebbe mai uscire. La sera, dopo la cena, ci sono le premiazioni, canti e risate. Il giorno 16 si parte per il ritorno: trenta jeep ci riportano, dopo 3 ore di viaggio ed una pausa per il pranzo, a Djerba in albergo, dove posso farmi massaggiare. Nella cena finale una grandissima torta serve a festeggiare tutti i partecipanti: ora è veramente finita, ci si saluta per l’ultima volta. Il giorno successivo il viaggio in aereo ci riporta a casa. p.s.: questa corsa a tappe è un’esperienza bellissima, che consiglio vivamente ai podisti, non solo per l’ambiente particolare in cui si corre, molto affascinante, ma anche per le particolari condizioni in cui si vive per alcuni giorni. Se, infatti, si ha il necessario spirito di adattamento, quella è un’occasione per vivere, anche se per poco, a contatto con la natura, stabilendo con gli altri un rapporto di amicizia e di complicità, vedendo in loro degli amici e non degli avversari. p.p.s.: se qualcuno volesse andarci e vuole maggiori informazioni può contattarmi – tramite redazione@modenacorre.it - sarò ben lieto di fornire tutti i dettagli del caso.

maurizio cenci

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